Assenzio
CENNI STORICI
Con molta probabilità le origini dell’assenzio si perdono nella notte dei tempi. Pare infatti che in Val de Travers, in Svizzera, già da diversi secoli la gente fosse solita preparare un elisir distillando artemisia absinthum, semi d’anice verde, melissa e diverse altre piante medicamentose ritenendolo un toccasana un po’ per tutti i mali. Solo nel 1792 il dottor Pierre Ordinaire, medico francese esiliato in Svizzera scoprì questo tradizionale tonico locale e lo modificò leggermente rendendolo ufficialmente “curativo”. Il successo di Ordinaire in breve gli fece ottenere la paternità dell’extrait d’absinthe. Alla sua morte la ricetta passò alle sorelle Henriod, di Couvet (Val de Travers), le quali
tentarono invano di commercializzare in modo sistematico l’elisir di Ordinaire. La ricetta venne
quindi ceduta al Maggiore Dubied che in breve aprì la primissima piccola distilleria artigianale dell’Extrait d’Absinthe con il suo genero, Henri Louis Perrenod.
Là dove le sorelle Henriod non erano riuscite a ottenere risultati la “Dubied & Perrenod” centrò l’obiettivo e nel giro di pochi mesi “l’extrait d’absinthe” vendeva in tutta la Val de Travers e anche nel Jura francese. Fu proprio il successo ottenuto in Francia ad invogliare Perrenod e sua moglie, figlia di Dubied ad aprire una più grande distilleria poco dopo il confine, a Pontarlier.
Era il 1805 e
la più importante distilleria d’absinthe di tutti i tempi, la Pernod fils, (Perrenod aveva per l'occasione cambiato il suo cognome in Pernod per dargli un'impronta decisamente più "francese") aveva cominciato a distillare Extrait d’absinthe, modificandolo leggermente per renderlo “più gradevole” al palato (oltre che differente rispetto a quello prodotto da Dubied), intravedendo un potenziale mercato allontanando in parte quell’aspetto medicamentoso. Dubied continuò per pochi anni a distillare per il mercato della Val de Travers. Alla sua morte la distilleria passò ai suoi figli che ne aumentarono la produzione e cambiarono il nome in Dubied Fils. Solo a metà XIX secolo l’azienda venne ceduta a Fritz Duval che la trasformò in una delle più importanti distillerie d’assenzio svizzero.
Nel frattempo in Francia, a Pontarlier il successo dell’extrait d'absinthe di Pernod favorì l’apertura di diverse distillerie concorrenti. Il mercato dell’assenzio era tuttavia ancora limitato allo Jura, alla Val de Travers e solo in parte nel resto della Francia, dove era ancora considerato “elisir medicinale”. Fu grazie alla campagna in Algeria che la storia dell’assenzio ebbe la sua prima grande svolta. Il governo francese decise di inserire nel completo di ciascun militare una bottiglia d’assenzio per
“purificare le acque malsane d’Africa”, prevenendo così dissenteria e altre malattie. Presto i soldati iniziarono ad apprezzare il gradevole sapore di questa nuova bevanda, che, diluita nell’acqua fresca diventava opalescente e offriva un gradevole gusto di anice. Fu proprio in Algeria che la popolarità dell’assenzio ebbe inizio, nei locali improvvisati nei campi militari e anche nei bar locali dove si era preso l’abitudine di addolcirlo con orzata o sciroppo di gomma arabica. Una volta tornati in patria i soldati diffusero il piacere dell’absinthe allungato con acqua, ed eventualmente addolcito, tra gli amici e i parenti. L’assenzio iniziò a diventare sempre più popolare, ma solo tra il 1860 e il 1880 si ebbe la svolta decisiva. La Phylloxera vestatrix, un parassita della vite, decimò i vitigni francesi e di tutta Europa, rendendo il vino estremamente raro e con prezzi alle
stelle. I cittadini francesi iniziarono quindi a bere sempre più absinthe come sostituto del vino,
rendendolo in pochi anni la bevanda nazionale per eccellenza. Tuttavia la crisi del vino colpì anche
la produzione di absinthe poiché fino ad allora tutte le distillerie utilizzavano alcool di vino. Fu in questi anni, in cui la richiesta d’absinthe crebbe esponenzialmente e l’alcool di vino diventava raro e costoso che molti produttori (specialmente quelli nuovi) optarono per l’utilizzo di alcool di cereali o peggio ancora di barbabietola o patata. Dure furono le discussioni che i produttori che continuavano ad utilizzare alcool di vino convinti che fosse indispensabile per la qualità del loro prodotto, aprirono verso coloro che, utilizzando alcool di dubbia qualità e producendo senza distillazione bensì con aggiunta a freddo di oli essenziali e coloranti chimici, riuscivano a vendere absinthe ad un prezzo inferiore a quello della birra. Il mercato venne quindi presto invaso da centinaia di etichette di absinthe a bassissimo costo prodotto con alcool di scarsa qualità, oli essenziali e coloranti aggiunti che si proponevano al pari dei grandi absinthe distillati da erbe di prima qualità e alcool di vino. Il consumo della fee verte (come veniva comunemente chiamato il nuovo aperitivo anisato) fu inoltre incrementato grazie al nuovo filone di pensiero che caratterizzò tutta la Belle Epoque: la
modernità, il distacco dalla tradizione sterile. L’absinthe era una bevanda nuova, moderna, tipicamente francese che divenne in breve il simbolo del fermento culturale che animava Parigi in quegli anni. Alla fine del XIX secolo la produzione di vino ritornò man mano regolare, ma ormai nel mercato non c’era più spazio se non per l’absinthe. L’unica salvezza era quella di combattere il rivale là dove aveva avuto il suo successo, ovvero sul piano sociale e culturale. I produttori di vino (e di
cognac) iniziarono così, forti di un potere economico e soprattutto politico non indifferente, una imponente campagna contro l’alcoolismo additando l’absinthe come unico responsabile del grave disagio sociale che effettivamente cresceva a vista d’occhio. I metodi utilizzati in questa campagna furono studiati in modo molto attento: cartelloni pubblicitari prodotti con le nuove tecnologie litografiche, comizi al popolo, studi scientifici… e addirittura vennero girati alcuni film con tema “l’absinthe e l’alcolismo”: tutti espedienti mirati a far colpo sul popolo ma ancor più su coloro che avevano in mano la cultura dell’epoca. Le ricerche scientifiche, sempre finanziate dal governo che giustamente appoggiava questa campagna al fine di limitare il diffuso alcolismo che ormai toccava uomini, donne e bambini di tutti i ceti sociali, vennero condotte su alcolizzati allo stadio terminale o su cavie di laboratorio. Alcuni medici e ricercatori riuscirono a provare già allora che non potevano essere ritenuti risultati obiettivi quelli condotti su chi ormai era al delirio a causa dell’alcolismo o su cavie di laboratorio le quali ovviamente rispondono in modo differente alla stessa quantità di sostanza rispetto ad un uomo.
Il dibattito tra chi riteneva che l’absinthe fosse dannoso alla salute a causa di alcune sostanze in esso contenute (in particolare il tujone, il fencone e l’anetolo) e chi al contrario lo riteneva non più dannoso di un qualsiasi altro alcolico, se si consideravano esclusivamente quei grandi assenzi distillati in modo impeccabile continuò per diversi anni, e nel frattempo il mercato vide comparire i primi “absinthe oxygenee” , ovvero purificati dalle sostanze dannose tramite un processo di
ossigenazione oppure i primi “absinthe sans tujon” e addirittura “absinthe sans absinthe” !!!
La messa al bando arrivò nel 1910 in Svizzera quando un locale di nome Lanfrey si uccise dopo aver assassinato la famiglia in preda ai fumi dell’alcool. Il suo gesto di follia venne ritenuto la conseguenza di due bicchieri d’absinthe bevuti nel pomeriggio. Poco importava se Lanfrey (così dicono gli atti) avesse bevuto 5 brandy per colazione, un fiasco di vino rosso a pranzo e due boccali di birra bionda oltre all’assenzio…
In Francia venne proibito pochi anni dopo, nel 1912 e in breve quasi tutto il mondo, con l’eccezione di Spagna (dove l’absinthe continuò ad essere prodotto anche nel XXsecolo), Gran Bretagna e pochissimi altri paesi, mise al bando l’absinthe. In Italia era il 1929.
Il XX secolo dimenticò poco alla volta la fata verde, nonostante le leggende continuassero a crescere.
Verso la fine degli anni '80, Radomill Hills, un imprenditore di Praga, si diresse in Spagna dove
ebbe occasione di assaggiare l'absenta, prodotto ancora come si produceva nell'800. Poco sapeva di questa bevanda, se non che il suo fascino e le leggende erano certamente la migliore pubblicità per riproporlo al grande pubblico. Decise quindi, una volta tornato a Praga di produrre absinthe per rilanciare la ditta di famiglia che stava passando brutti momenti. Purtroppo nulla sapeva riguardo la ricetta e il metodo di preparazione dell'absinthe, tuttavia non si scoraggiò e inventò completamente la sua ricetta, certo che in pochi avrebbero potuto affermare se il suo prodotto fosse autentico o meno.
Pochi anni dopo tutti i locali di Praga proponevano a turisti e giovani artisti la "bevanda proibita", la "droga degli artisti"... Purtroppo ancora molto poco si sapeva dell'absinthe e la gente beveva l'absinth Hills affascinata dalle leggende che poco alla volta ritornavano alla luce e ancora più affascinata dal rituale inventato dai baristi di Praga: versare una dose di absinth nel bicchiere, versarvi un cucchiaio di zucchero e raccoglierlo con un cucchiaio, darvi fuoco e lasciarlo caramellare, riversarlo ancora in fiamme nel bicchiere e spegnere la fiamma con acqua. Questo rituale nasceva dalle pochissime conoscenze che in quegli anni si aveva sull'absinthe: si sapeva che serviva zucchero, si usava un cucchiaio e l'acqua... nient'altro. Poco importava ai baristi quindi se il rituale flambée non fosse autentico:
l'azione di scaldare lo zucchero nel cucchiaio richiamava il rituale dell'eroinomane che si prepara una dose, e tutto questo serviva a rendere ancora più misterioso e proibito il nuovo prodotto di Hill. Peccato inoltre che il prodotto di Radomill non avesse assolutamente niente in comune né con l'absinthe che aveva assaggiato in Spagna né tanto meno con gli absinthe del XIX secolo. La fama dell'Hill's portò diverse ditte ceche e dell'est Europa a produrre "absinth" simili all'Hill's immettendo
così sul mercato un quantitativo enorme di etichette.
In Spagna la produzione spagnola continuò regolarmente anche dopo il bando in tutto il mondo (anche perché quasi tutto l’absinthe prodotto era destinato all’esportazione restando quasi solo una curiosità in patria) fino a quando un responsabile della Pernod-Ricard di Parigi, ormai diventata una grandissima industria di liquori, verso la fine degli anni ’50 visitando la succursale di Tarragona scoprì che producevano ancora absinthe. Convinto dell’illegalità di quella produzione fece chiudere subito la Pernod fils di
Tarragona. Molti altri produttori di absinthe spagnoli, dopo la chiusura dell’importante Pernod fils di Tarragona smisero la produzione di absinthe o la cambiarono radicalmente convinti che effettivamente l’absinthe fosse illegale anche in Spagna e temendo sanzioni di varia natura qualora fossero scoperti distillarlo ancora. Fu il direttore della distilleria Montana che dimostrò la legalità dell’assenzio in Spagna mettendo fine al polverone alzato dalla Pernod-Ricard francese. Ormai tuttavia il danno era fatto e buona parte degli assenzi spagnoli scomparve lasciando il posto ai nuovi “simil pastis”.
Tornando negli anni ’90, dopo il successo di Hill, notiamo che la nuova moda di absinth praghese arrivò fino in Spagna. Le poche distillerie con una tradizione storica ed esperienza centenaria nella produzione di absinthe, iniziarono a valutare la possibilità di esportare i loro prodotti visto che in Spagna l'absenta era considerato poco più che una curiosità locale. Il problema era ovviamente convincere l'opinione pubblica che i loro absinthe fossero altro rispetto quelli messi al bando 80 anni prima. Ecco quindi che anche gli ultimi produttori di absenta storico decisero di cambiare radicalmente la loro produzione, archiviando le antiche ricette e preparandone altre molto più simili ai pastis aggiungendo enormi quantità di anice stellato,(caratteristico dei pastis ma ingrediente secondario degli absinthe), riducendo le quantità di artemisia absinthum e talvolta abbassando il grado alcolico. Si sperava così di poter entrare nel mercato francese con un prodotto dal nome affascinante ma dal sapore poco distante da quello dei pastis che venivano venduti regolarmente ogni giorno. Anche il metodo di produzione cambiò radicalmente, optando ormai per il più rapido e industriale metodo di aggiunta di oli essenziali a freddo nell’alcool con colorazione artificiale (la scelta dell’utilizzo di anice stellato tipica dei prodotti nati con questo metodo pare sia dovuta anche al costo elevatissimo dell’olio essenziale di anice verde).
Le aspettative degli spagnoli furono in parte deluse poiché il mercato francese rifiutò i loro prodotti
per diversi motivi: la legge vietava prodotti etichettati come absinthe (e a questo rimediarono etichettandoli come "bevande alcoliche anisate con estratti di artemisia absinthum" o con epiteti simili) inoltre i cittadini francesi continuarono a preferire i loro pastis ai nuovi anisati provenienti dalla Spagna.
Alla fine degli anni '90 una ditta inglese decise di produrre un absinthe il più simile possibile a quelli bevuti nell'800. Con questo intento chiesero consiglio a Marie Claude Dehalaye, direttrice e responsabile del
museo dell'absinthe. In breve tempo arrivò sul mercato un nuovo prodotto, il La fée, dichiarato dai produttori il più fedele possibile agli absinthe dell'800. Il La fée spopolò in tutti i locali alla moda di Londra, sveltendo ancor più il ritorno della fata. In realtà anche il La fée era ben lontano dall'essere paragonato agli antichi absinthe. Nel sapore ricalcava i nuovi prodotti spagnoli e forse l'unico passo avanti fu quello di produrre (all’inizio solo per esportazione nei pochi paesi dove l'absinthe non fu mai messo al bando) una versione a 68°, la gradazione tipica degli absinthe del XIX secolo.
In tutta questa corsa verso il ritorno della fata verde c'erano alcune piccole distillerie storiche di Pontarlier e Fougerolles, sopravvissute al bando dell'absinthe grazie ad altri prodotti nonché ad alcuni dei migliori anis che si possa avere la fortuna di bere, che lavoravano lontano da occhi indiscreti. Prima fra tutte la distilleria Pontarlier Anis, il nuovo nome della Distilleria Armand Guy,
(produttrice in passato di una modesta quantità di absinthe a Pontarlier, dopo che il titolare ebbe modo di imparare il mestiere nella grande distilleria Vichet sempre di Pontarlier) rispolverò la loro antica ricetta e lavorò alla produzione di un absinthe che fosse in regola con le nuove normative europee. La Pontarlier anis presentò il primo absinthe elaborato veramente dall'antica ricetta di famiglia, il François Guy. Poche le differenze tra il nuovo absinthe Guy e quello storico, quasi tutte da ricondursi al grado alcolico abbassato a 45°. Subito dopo l'altra distilleria storica di Pontarlier, la
Distilleria Les fils d'Emile Pernot distillò il suo antico absinthe sempre ad una gradazione di 45°. Il François Guy e l'Un Emile Pernot45 furono i primi absinthe distillati francesi a tornare sul mercato dopo la
messa al bando. Il successo fu immediato, tanto da convincere i signori Pernot a produrre il loro absinthe a 68°, esattamente come era un tempo (fatto salvo per alcuni problemi con la colorazione naturale), grazie anche alle richieste della Liqueur de France. Fecero così una partita a 68° da far analizzare e con immenso stupore scoprirono che il quantitativo di tujone era largamente sotto i limiti della normativa. Questo dato invogliò alcuni collezionisti a far analizzare i propri absinthe e si scoprì che effettivamente moltissimi degli absinthe storici sarebbero tutt'oggi legali dal punto di
vista delle normative europee. Dopo il successo di Pernot e Guy anche altre piccole distillerie storiche sopravvissute fino ad oggi, tornarono a distillare i loro antichi absinthe.
Oggi abbiamo quindi la possibilità di assaggiare circa una ottantina di absinthe autentici prodotti esattamente come nell’800.
LA VERITA' SUL TUJONE
La leggenda dell’assenzio è ancora oggi resa misteriosa e intrigante da quanto si narra circa uno dei tantissimi oli essenziali presenti, il tujone, un terpene estratto dall'artemisia absinthium. Effettivamente sono pochi gli studi scientifici condotti sulla tossicità del tujone e molti di questi non sono oggettivi poiché finanziati all’inizio del XX secolo proprio dai governi che volevano mettere l’assenzio al bando. Studi condotti negli anni ’70 hanno portato a considerare il tujone (e i suoi effetti) simili a quelli della THC della cannabis… solo perché le due molecole avevano una disposizione spaziale molto simile…
Il tujone in verità è un terpene presente in diverse piante come le artemisie (tra cui l’artemisia absinthum, ma anche il genepì, ovvero l’artemisia glacialis) e le salvie (anche la salvia officinalis usata in cucina). Il suo profumo è molto simile a quello del mentolo. Effettivamente ad alti dosaggi il tujone ha effetti devastanti sul sistema nervoso; tutto sta a definire quali siano questi “alti dosaggi”. Gli esperimenti scientifici descrivevano che serviva un grammo di tujone iniettato in vena ad una cavia di laboratorio per portare l’animaletto al delirium tremens. Oggi studi recenti parlano di 7mg per ogni chilo di massa corporea per arrivare all’intossicamento da tujone e quindi, una persona di 70kg dovrebbe assumere 490mg di tujone che, trasformato in bottiglie di absinthe significherebbe berne svariati litri. E non ci vuole molto a rendersi conto che l'alcool ucciderebbe ben prima. È forse bene ricordare che moltissimi alcolici di uso comune contengono quantità di tujone identiche a quelle medie di un absinthe. È vero che la pianta artemisia absinthum contiene moltissimo tujone, ma questo si perde quasi tutto per evaporazione durante l’essicazione, e altro tujone ancora viene eliminato con testa della distillazione. È quindi incorretto stimare, come fece nel 1989 Wilfred Arnold, che gli assenzi storici avessero 250mg/kg di tujone. Arnold fece questa stima considerando la pianta fresca e non prese mai in
considerazione né l’essicazione né la distillazione.
Considerando che le normative CEE permettono un limite massimo di 35mg/kg di tujone, gran parte degli assenzi storici sarebbe tutt’ora legale da questo punto di vista.
COME SI DEFINISCE UN ASSENZIO.
Per assenzio o meglio ancora "absinthe" si intende un macerato di artemisia absinthium, semi di finocchio e semi d’anice verde successivamente distillato ed eventualmente colorato tramite un’infusione di ulteriori erbe che rilasciano aromi e clorofilla. Nel macerato possono rientrare svariate erbe, semi, radici aromatizzanti insieme ai 3 ingredienti principali: issopo, melissa, coriandolo, angelica, calamo aromatico, veronica, genepì, camomilla, menta, artemisia pontica…
In colorazione solitamente vengono utilizzati artemisia pontica, melissa e issopo ma nulla vieta l'utilizzo di altre piante come per esempio genepì, ortica...
L’alcool dovrebbe essere di vino o di cereali.
Un vero assenzio dovrebbe quindi:
-essere ottenuto per macerazione e distillazione di almeno 3 ingredienti: artemisia absinthum, semi
di finocchio e semi d’anice verde. L’anice verde non deve in nessun modo essere sostituito con anice stellato/badiana. Le produzioni moderne che gli esperti tendono a definire "surrogati" tendono a far sembrare i propri assenzi “pastis molto alcolici” utilizzano quantità enormi di anice stellato, rendendo il sapore complessivo
monotematico ed esclusivamente di anice/liquirizia.
-Aggiungendo acqua deve intorbidire. L’intorbidimento (tipico di molti liquori a base d’anice) avviene quando gli oli essenziali, solubili in soluzione alcolica addensano trovandosi in una soluzione prevalentemente acquosa. L’assenza di intorbidimento (louche) significa che i produttori o non hanno distillato correttamente, o non hanno distillato per niente e si sono limitati ad
aggiungere aromi chimici e coloranti all’alcool. I surrogati spagnoli e francesi per esempio, pur non
essendo vero assenzio, intorbidiscono poiché la produzione è avvenuta tramite aggiunta di oli
essenziali.
-non deve contenere coloranti aggiunti. Ogni eventuale colorazione deve essere ottenuta naturalmente tramite infusione di erbe e fiori.
-non deve contenere zuccheri.
-il sapore complessivo, pur essendo prevalentemente di anice (enfatizzato anche dai semi di finocchio), deve avere una multidimensionalità aromatica che nasce dal bouquet di erbe e aromi utilizzati in produzione.
Molti dei prodotti in commercio oggi noti “assenzio/absinthe” sono prodotti per aggiunta di oli
essenziali e coloranti e non tramite macerazione e distillazione. Questo primo procedimento è effettivamente storico poiché già presente nel 1880 per la produzione di assenzi a basso costo. Gli esperti ancora discutono se considerarlo un metodo per ottenere vero assenzio oppure considerarlo come modo per produrre surrogati esattamente come in passato.
E’ tuttavia indiscutibile il fatto che producendo per aggiunta di oli essenziali e coloranti non si possa ottenere la stessa qualità ottenuta tramite macerazione e distillazione e ai nostri giorni spesso un assenzio ottenuto per aggiunta di oli essenziali e coloranti non costa molto meno di un assenzio distillato.
CLASSIFICAZIONE STORICA DEGLI ASSENZI
Nel XIX secolo non esisteva una vera e propria classificazione per i vari assenzi. Esistevano tuttavia
degli aggettivi che potevano contraddistinguere un assenzio. In primis la distinzione era tra
“absinthe verte” e “absinthe blanche”, ovvero tra assenzi colorati e assenzi che venivano imbottigliati senza il processo di colorazione e quindi incolore.
Dopo di che la distinzione avveniva a seconda della gradazione alcolica (poiché gran parte del costo
della bottiglia a quei tempi era strettamente legato al costo dell’alcool).
Si avevano così:
-assenzi ordinari che andavano dai 40° ai 50°
-assenzi semi fini tra i 50° e i 55°
-assenzi fini tra i 55° e i 60°
-assenzi di qualità superiore tra i 65° e i 72°
questa è tuttavia una distinzione generale ma che ritroviamo frequentemente in antiche fatture o in
ricettari d’epoca. Esisteva poi una distinzione generale a seconda della città o della zona di produzione. Questa
distinzione riguardava piccole sfumature nella tecnica di produzione oppure la presenza di ingredienti secondari caratteristici. Ecco quindi che troviamo diciture come “qualità svizzera” che era “qualità superiore”, ma
prevedeva come tecnica il continuo riutilizzo delle code delle distillazioni precedenti in distillazione e pare una piccola quantità di genepì in colorazione. La coda di una distillazione contiene acqua, oli essenziali pesanti e molti aromi. Il metodo svizzero di produzione (che poi in realtà pare rifarsi alla tecnica di Pernod) prevede la diluizione del macerato con parte delle code della distillazione precedente, sapientemente dosate, in modo da ottenere ogni volta una distillazione più intensa e aromatica. Altre denominazioni erano per esempio “absinthe di Pontarlier” che era garanzia di qualità
poiché nella piccola cittadina francese la produzione di assenzio restò sempre ad alti livelli e grazie alla straordinaria qualità aromatica dell'artemisia absinthium coltivata in quella zona; avevamo poi “absinthe di Fougerolles”, “absinthe di Montpellier”, absinthe di Lione”… tutti generalmente caratterizzati da alcuni ingredienti secondari.
PROBLEMATICHE MODERNE
Il ritorno dell’assenzio è avvenuto in sordina e in modo disordinato. La popolarità dei “non assenzi” di Praga, il continuo voler esaltare leggende che lo vogliono molto forte, allucinogeno, al pari di una potente droga da un lato e il tentativo di farlo passare per poco più di un pastis dall’altro (nell’intento di cancellare la cattiva fama che poteva in qualche modo bloccarne la produzione)
crearono una confusione inverosimile che ancora oggi rende difficile e poco conosciuto l’assenzio autentico.
Innanzitutto c’è da ricordare che a causa della messa al bando oggi l’absinthe non è un prodotto tutelato da una disciplinare o da una qualsiasi normativa (ad eccezione della produzione svizzera tutelata dalla legge) che stabilisca precisamente cosa può essere etichettato come tale. In altre parole “absinthe” e “assenzio” oggi sono ritenuti come “nomi fantasia” e chiunque può liberamente vendere qualsiasi cosa etichettandola come “assenzio” o storpiandone leggermente il nome per mettersi il cuore in pace. Si viene quindi a creare una confusione dove solo poche persone esperte possono districarsi: chiunque per curiosità volesse assaggiare “assenzio” non si renderebbe nemmeno conto che quello che sta bevendo non è “assenzio” come lo si intendeva in passato, poiché l’etichetta è legalmente scorretta. Come possiamo quindi al momento accertarci dell’autenticità di quello che stiamo comprando o bevendo?
-evitate accuratamente ogni prodotto che contenga coloranti artificiali
-evitate accuratamente ogni prodotto che contenga zucchero
-se potete, accertatevi che sia distillato
-se aggiungete acqua deve intorbidire
-il suo sapore non deve essere amaro né deve sapere esclusivamente di anice/liquirizia
Purtroppo queste poche regole vi aiuteranno a orientarvi ma non vi garantiranno l’autenticità del prodotto che state prendendo in considerazione.
In generale oggi ogni absinthe prodotto a Pontarlier o a Fougerolles o a Saumur è autentico, con
pochissime eccezioni. Le produzioni svizzere sono garantite poiché quando nel 2005 l’assenzio venne ufficialmente legalizzato vennero stabilite norme precise che determinano quando un prodotto può essere etichettato come “absinthe” (in pratica le caratteristiche indicate nel capitolo
“COME SI DEFINISCE UN ASSENZIO”).
Esistono altri assenzi autentici prodotti al di fuori di queste zone, ma per ora sono veramente pochi quindi, consiglio sempre cautela prima di ogni acquisto.
La produzione spagnola è garantita autentica fino al 1965 (ma non sempre di alto livello), dal 1965 al 1990 solo alcune aziende continuarono a produrre assenzio autentico e dal 1990 in poi non è rimasto alcun produttore di assenzio autentico se escludiamo la Segarra (seppur non autentico al 100% poiché distilla solo artemisia absinthum e anice verde), una piccola distilleria famosa per la produzione di alcuni dei migliori brandy spagnoli. Per quanto riguarda la produzione di assenzio autentico abbiamo dovuto attendere diversi anni prima che si riscoprissero tutti i segreti di una produzione dimenticata. Le ricette per distillare assenzio sono in apparenza molto semplici ma ci vuole la solita esperienza tipica di tutte le produzioni di alta qualità artigianale a rendere un assenzio veramente di alta qualità. Tuttavia, nonostante oggi sul mercato ci siano svariati assenzi autentici di altissima qualità, difficilmente troviamo assenzi che, come nel XIX secolo, vengono fatti affinare per 6 mesi prima dell’imbottigliamento e della vendita. Il motivo è prettamente economico ma anche tecnico poiché nonostante tutti i trattati e i documenti antichi ritrovati spieghino dettagliatamente come seguire la produzione (macerazione e distillazione) per quanto riguarda l’affinamento si limitano a dire “riposare 6 mesi” . Sappiamo che alcune distillerie importanti (come la Pernod fils) affinavano i loro absinthe in botti da 3600litri, ma non abbiamo altre notizie. Tutti i tentativi quindi di ricreare l’affinamento richiederebbero investimenti sostanziosi per arrivare a capire come gestire al meglio questa importante e delicata fase. Gli assenzi, seppur autentici, oggi sul mercato sono quasi sempre lasciati riposare in cisterne di acciaio per non oltre 3 mesi prima dell’imbottigliamento: possiamo quindi dire che la produzione di oggi offre assenzi molto giovani rispetto a quanto era disponibile in passato. Solo pochissimi produttori, appassionati e pignoli nella riproduzione delle più piccole sfumature aromatiche, oggi stanno tentando di addentrarsi nella fase di affinamento.
CLASSIFICAZIONE ATTUALE DEI VARI ASSENZI
La classificazione moderna dell’assenzio prevede due grosse distinzioni e tralascia completamente
la gradazione alcolica poiché oggi si trovano grandi assenzi a basse gradazioni e quasi tutte le brodaglie spacciate per assenzio hanno gradazioni molto alte.
La prima grande distinzione da fare è quella sull’autenticità:
-i “non absinthe/assenzio”. Generalmente prodotti nell’est d’Europa ne troviamo alcuni anche in Francia, Italia, Germania, Spagna e Portogallo... Sono quasi esclusivamente prodotti per aggiunta da aromi chimici all’alcool e coloranti. Solo alcuni di loro contengono pochi oli essenziali (aggiunti a freddo e non ottenuti tramite macerazione e distillazione) e per questo motivo non intorbidiscono. L’anice è quasi sempre completamente assente, spesso sostituito da aroma di liquirizia. Il sapore sottile e artificioso può essere o molto dolce o estremamente amaro. Sono quasi tutti prodotti che derivano dal concetto di “assenzi di Praga” che come ben sappiamo non hanno tradizione antica, ma comparvero solo attorno al 1990 grazie a Hill's.
-i surrogati. Sono forse i più diffusi nell’Europa occidentale e in Italia. In questo gruppo troviamo
prodotti di alta qualità come altri di bassa qualità. Il concetto di “surrogato” nasce nel momento in
cui la ricetta contempla un grande utilizzo di anice stellato (tipico dei pastis, surrogati appunto per
definizione dell’antico absinthe) e una produzione o per sola macerazione o per aggiunta di oli essenziali a freddo. La colorazione è quasi sempre ottenuta per aggiunta di coloranti. E’ bene ricordare che gli oli essenziali si ottengono tramite un particolare processo di distillazione e su questo punto giocano alcuni produttori senza scrupoli i quali, poiché distillano gli oli essenziali che poi andranno ad utilizzare, definiscono come “distillato” il loro assenzio. Purtroppo il risultato è ben diverso rispetto alla macerazione e diretta distillazione delle erbe…
-gli assenzi distillati o autentici. Sono quegli assenzi prodotti seguendo l’antico protocollo di produzione e tenendo presente come dovrebbe essere effettivamente il risultato finale per poterlo definire “absinthe”. Molti di questi sono prodotti seguendo antiche ricette, ma ne esistono alcuni di nuova generazione che ricalcano fedelmente quello che un assenzio dovrebbe offrire come profumi, aromi e sapore.
Fatta questa grande distinzione andremo a definire più dettagliatamente le categorie degli assenzi autentici:
-absinthe verte. Sono assenzi che dopo la distillazione hanno subito il processo di colorazione tramite infusione di erbe le quali, oltre a rilasciare clorofilla, rilasceranno ulteriori aromi che andranno ad arricchire il sapore complessivo del distillato. Solitamente sono più erbacei rispetto ai blanche, più ricchi di sfumature aromatiche e quelli che migliorano maggiormente quando lasciati
ad invecchiare.
-absinthe blanche. Sono assenzi che non hanno subito il processo di colorazione e si presentano quindi incolore. In passato erano meno popolari dei verte, mentre oggi (o almeno fino a pochi anni fa) era molto più facile trovare un assenzio autentico blanche piuttosto che verte (nonostante esistano surrogati anche incolore).
Di solito i produttori che intendono produrre un blanche preferiscono mettere in distillazione tutti gli ingredienti che di norma vengono utilizzati per colorare, in modo che il risultato finale non manchi di alcune sfumature aromatiche che nei verte arrivano solo con la colorazione, ma che queste vengano semplicemente riproposte in versione “distillata” anziché solamente macerata.
-absinthe la bleu. Sono absinthe blanche nati nel XX secolo. Una particolarità della produzione moderna della Val de Travers. La loro origine inizia subito dopo l’anno in cui l’assenzio venne messo al bando in Svizzera. Con la chiusura delle distillerie iniziò una sempre più frequente produzione di assenzio clandestino, distillato da privati quasi esclusivamente per il consumo personale, nonostante sia stato il principe del contrabbando d’assenzio durante tutto il XX secolo.
Le ricette di questi assenzi (il termine la bleu nasce dai riflessi bluastri dei campi di artemisia absinthum) erano piuttosto semplici rispetto ai prodotti delle grandi distillerie. Subito la colorazione venne eliminata, sia perché è un processo complesso che richiede molta competenza e abilità, sia perché un absinthe blanche era molto più facile da contrabbandare rispetto ad un absinthe verte. La gradazione alcolica si abbassò fino a stabilizzarsi attorno ai 50°-55°, probabilmente per
contenere il costo di produzione e dare meno nell’occhio all’acquisto dell’alcool. Caratteristiche di queste produzioni clandestine erano la presenza abbondante di semi di finocchio e talvolta la presenza di anice stellato in quantità leggermente superiori a quelle dei pochi assenzi che nel XIX secolo lo utilizzavano. Oggi, con la legalizzazione dell’assenzio in Svizzera queste ricette,
tramandate dagli anni ’20 ad oggi di padre in figlio, hanno avuto la possibilità di essere commercializzate ufficialmente. Circa una quindicina di questi produttori clandestini hanno deciso di intraprendere la produzione regolare, offrendo tuttavia una produzione sempre molto artigianale e molto limitata. Si stima tuttavia che nella sola Val de Travers esistano ancora almeno 100-150 distillatori di La bleu clandestini. Questi assenzi, tutti molto simili tra loro, offrono un sapore balsamico, alpino, genuino e rinfrescante . Sono assenzi gradevolissimi che tuttavia non riescono a offrire la complessità aromatica dei grandi assenzi oggi prodotti.
RITUALE DI PREPARAZIONE
In questo capitolo tralasceremo tutti quei rituali moderni nati per ignoranza e per fomentare le solite
leggende che aleggiano attorno alla fata verde.
Alle origini l’assenzio con molta probabilità veniva bevuto puro, in piccole dosi o a cucchiai, come se fosse un normale medicinale, o forse diluendone poco in un abbondante bicchiere d’acqua. Fu con la campagna in Algeria, quando i soldati francesi iniziarono ad aggiungere una generosa dose di absinthe all’acqua per purificarla che iniziò l’abitudine di bere un sorso abbondante di assenzio allungato con acqua naturale fredda. Sempre in quegli anni si iniziò ad addolcirlo con una dose di orzata (al modo dei soldati algerini) o con sciroppo di gomma arabica. Lo zucchero arrivò successivamente, prima in pezzetti di zucchero spezzati con delle cesoie dal barista e soltanto dopo il 1875 la famosa zolletta di zucchero (inventata appunto in quegli anni) divenne la regina del rituale di preparazione di un assenzio. Pare che l’abitudine di aggiungere zucchero fosse nata dalle bevitrici piuttosto che dai bevitori. Lo zucchero non serve tanto ad addolcire l’absinthe, ma il suo successo su orzata e sciroppo di gomma deriva dal fatto che riesce ad enfatizzare al meglio gli aromi di alcune erbe, in particolare dell’artemisia absinthium e li “lega” omogeneizzando completamente il sapore. Nel periodo di massima popolarità dell’assenzio il rituale con acqua naturale fredda e zolletta di zucchero era il più diffuso in assoluto, reso sempre più personale grazie alla svariata scelta di cucchiai forati (ogni bevitore sceglieva, quando possibile, il cucchiaio che preferiva e
alcuni erano addirittura arrivati a farseli marchiare con le proprie iniziali), di griglie, di brouille… Tuttavia non mancava gente che preferiva berlo semplicemente allungato con acqua naturale fredda, senza ulteriori aggiunte, oppure addolcito con un goccio di orzata o meglio ancora con sciroppo di gomma arabica (si chiedeva per un “absinthe gommée”). Altri lo chiedevano addolcito con un anisetta dolce, tipo Marie Brizard ( un “absinthe anisée”), altri ancora preferivano allungarlo con vino bianco al posto dell’acqua (un “absinthe de minuit” ), metodo citato anche da Hemingway che non manca di specificare quanto sia difficile prepararlo: “c’è il rischio di rovinare sia l’assenzio che il vino!”. Esistevano anche poche persone che lo chiedevano liscio con pochissima acqua, ( “un
absinthe pure”), ma spesso si trattava di persone di basso rango o alcolizzati allo stadio terminale. Aleister Crowley era solito berlo liscio, pur sapendo che si trattava del peggiore dei modi per poterlo degustare.
Henri Toulouse Lautrec aveva inventato un metodo tutto suo di prepararsi l’assenzio, e consisteva nel versare nel bicchiere metà dose di assenzio e metà di cognac e poi allungarlo semplicemente con l’acqua. Questa correzione aveva preso il nome di treblement de terre!
Infine è documentata anche la preparazione con seltz, nonostante fosse uno dei metodi meno diffusi in assoluto.
Come si prepara quindi un bicchiere d’assenzio nel modo più classico?
-si prepara una caraffa di acqua naturale fredda con ghiaccio. Eventualmente si può riempire una fontana d’assenzio con acqua naturale fredda e ghiaccio.
-si versa in un bicchiere capiente (o un bicchiere d’absinthe) una dose di assenzio (solitamente 2- 4cl).
-si appoggia sul bordo del bicchiere un cucchiaio forato d’absinthe o una griglia o una brouille con una zolletta (o mezza, a seconda del gusto del bevitore).
-si versa l’acqua sopra la zolletta molto lentamente, quasi a filo o goccia a goccia. È importante versarla lentamente poiché è in questo modo che gli aromi si sviluppano al meglio e sprigionano i profumi nella loro totalità. Versando l’acqua in un sol colpo, o con fretta si perderebbe anche il fascino del louche che va man mano a formarsi sul fondo del bicchiere e il gradevole crescendo di profumi che si sprigionano goccia dopo goccia.
-si aggiunge acqua finché l’assenzio non è completamente intorbidito. Quella è la quantità minima
di acqua necessaria. Dimenticate le proporzioni matematiche: con l’assenzio non funzionano.
Guardate il vostro assenzio e versate acqua fino al completamento del louche. Assaggiate e se lo
trovate ancora troppo intenso versate ancora un goccio di acqua. Non abbiate timore di allungare troppo il vostro assenzio: spesso poca acqua in più può permettervi di notare sfumature che passerebbero inosservate se fosse più concentrato. Il completamento del louche deve tuttavia restare il vostro indicatore: una volta completato al massimo si aggiungono ancora pochi sorsi di acqua. Qualora utilizzaste una brouille al posto del cucchiaio potrete mettere la zolletta sul foro o utilizzare zucchero semolato al suo posto. Le brouille possono venire riempite di ulteriore ghiaccio prima di versarvi l’acqua. Il loro utilizzo, permette l’aggiunta di acqua costante e a filo (o goccia a goccia se utilizzate la versione “a bilanciere”), permettendovi di gustarvi il louche in tutta la sua magia.Qualora si desiderasse preparare l’assenzio senza zucchero basterà versare l’acqua fredda sempre
lentamente e sempre fino a quando il louche non è completo. Ogni altro tipo di dolcificante (sciroppo di gomma, orzata, granatina, anisetta…) dovrebbe essere
aggiunto dopo l’assenzio al bicchiere, ma prima di versare l’acqua. Evitate accuratamente di mettere ghiaccio nel vostro assenzio (errore che comunemente
riscontriamo anche nella preparazione del pastis): oltre a rovinare il louche, il contatto improvviso con il cubetto freddo “congela” gli aromi che non si sveleranno in tutta la loro pienezza. Consiglio infatti di aspettare sempre qualche istante, una volta aggiunta l’acqua, prima di degustarlo, in modo da permettere un minimo di ossigenazione e di stabilizzazione termica del vostro assenzio.
- Categoria Distillerie Guy, Pontarlier Anis Rimuovi questo articolo