Cognac: è il distillato di vino prodotto sulla costa occidentale della Francia, a nord di Bordeaux, per disciplinare esclusivamente nella zona compresa tra Charente e Charente Marittime. Per la sua produzione si usa principalmente Ugni Blanc, ma anche Colombard, Folle blanche e Montil, oggi veramente poco usati, ma molto popolari nel periodo pre fillossera. La zona di produzione è suddivisa in 6 sottozone, caratterizzate da terreni differenti e dalla vicinanza o meno del mare ai terreni di coltivazione. Le principali zone di produzione sono la Grande Champagne (la più centrale, il cuore di tutto il territorio produttivo) e la Petit Champagne, che si sviluppa tutt’attorno alla prima, partendo da occidente, scendendo verso sud e risalendo ad oriente. Queste due aree producono Cognac di alta qualità e dalle caratteristiche aromatiche differenti. Nella Grande Champagne troviamo aromi floreale; nella Petit Champagne aromi decisamente più fruttati. A nord della Grande Champagne troviamo la Borderies. Qui vengono prodotti Cognac di buona qualità, con sentori floreali, usati quasi esclusivamente per i tagli da grandi produttori. A circondare queste tre zone centrali abbiamo la Fins Bois, che produce cognac utilizzati quasi esclusivamente per assemblare dei VS o VSOP adatti soprattutto alla miscelazione. Le ultime due zone sono la Bons Bois, tutt’attorno alla Fins Bois e la Bois Ordinaire, che si estende nella zona nord dell’intera area produttiva. Queste due zone producono uve piuttosto particolari negli aromi, caratterizzate da terreni argillosi misti a sabbia e alla vicinanza al mare che dona note iodate non troppo gradevoli nel distillato. I cognac qui prodotti ufficialmente vengono utilizzati solo per la produzione di liquori a base di cognac.
I cognac si suddividono in:
Blended: assemblati di varie acqueviti di vari invecchiamenti, provenienti da più distillatori e imbottigliati da aziende atte a questo tipo di produzione. In etichetta non riportano altro che la dicitura Cognac, il nome dell’azienda che ha assembeto e l’invecchiamento (VS, VSOP, XO).
Single distillery: sono assemblati di diverse annate prodotte da una singola distilleria. Anche l’assemblaggio avviene in distilleria e segue le linee aromatiche decise dal produttore. Per disciplinare utilizza le diciture classiche VS, VSOP e XO per indicare il tipo di invecchiamento.
Single district: sono assemblati atti a definire l’aroma tipico delle zone di produzione. Vengono quindi utilizzate acqueviti provenienti da diversi produttori della stessa area (ad eccezione del Bois Ordinaire). Quando l’assemblaggio prevede l’utilizzo di acqueviti provenienti da Grande e da Petite Champagne si usa la dicitura Fine Champagne. Gli invecchiamenti sono sempre definiti dalle sigle VS, VSOP e XO.
Single Estate: sono i cognac più rappresentativi dei singoli produttori, quelli che meglio rappresentano il territorio e il carattere e lo stile della distilleria. In etichetta vengono anche riportate sia le uve utilizzate che la tenuta in cui sono state raccolte. Questi cognac solitamente godono di invecchiamenti superiori a quelli che entrano a far parte degli XO (minimo 6 anni) e per questo vengono utilizzati nomi fantasia come Hors d’age, Vielle Reserve, Reserve d’Ancestres... ad indicare la presenza di acqueviti di almeno 6 anni e mezzo, per arrivare nei casi più pregiati alla presenza di acqueviti di 60 anni, ormai utili solo a donare alcune sfumature.
La distillazione avviene con alambicchi discontinui chiamati Charentais, simili a quelli utilizzati in Scozia ma decisamente più piccoli, al fine di tutelare la delicata materia prima. Per disciplinare gli alambicchi non possono essere scaldati a vapore ma soltanto a fiamma diretta. Per disciplinare le acqueviti ottenute con la distillazione devono invecchiare almeno 25 mesi per poter essere vendute come cognac. Una volta distillate le acqueviti vengono poste in grandi tini in attesa del controllo qualitativo. Successivamente vengono trasferite in grandi botti nuove dove invecchierano tra i 2 e i 12 mesi in cantine asciutte, affinché avvenga una rapida estrazione dei tannini. Successivamente verrano trasferite in botti più piccole di secondo o terzo passaggio e messe ad invecchiare in cantine più umide per diversi anni, fino a quando l’acquavite non giungerà alla maturazione desiderata per il suo utilizzo.
Brandy: con il termine “brandy” si definisce un distillato di vino invecchiato per disciplinare almeno un anno in legno. Nonostante la sua produzione sia presente in moltissimi paesi Spagna e Italia hanno senza dubbio una tradizione consolidata e conosciuta in tutto il mondo. In Italia la produzione di brandy è da ricondurre a Florio, in Sicilia, negli ultimi decenni del ‘700, ma affinata nell’800 dal francese Jean Buoton (in seguito italianizzato in Giovanni Buton) divenuto famoso per aver realizzato quello che ancora oggi è il brandy italiano più famoso al mondo, il Vecchia Romagna, e un liquore corroborante, consigliato ai suoi tempi come rinvigorente e contro i mal di testa, a base di foglie di coca, il Coca Buton. L’uva principalmente utilizzata in Italia è il Trebbiano (in sostanza il corrispettivo italiano dell’Ugni Blanc francese), ma non mancano produzioni che vedono l’utilizzo di altre uve piuttosto acide come Prosecco o Asprinio. Per la distillazione in Italia vengono utilizzati sia alambicchi discontinui che alambicchi continui a colonna. Il distillato, dopo essere stato fatto riposare in acciaio nell’attesa del controllo di qualità e del pagamento delle accise sulla produzione di alcool, viene messo in botti nuove, per una rapida cessione di tannini e profumi del legno, per poi finire in botti di secondo o terzo passaggio, dove si svilupperanno gli aromi strettamente legati ai processi ossidativi. I legni utilizzati per le botti italiane sono quasi sempre diversi da quelli utilizzati in Francia, e tendono a rilasciare meno colore nel distillato. E’ bene quindi tenere sempre a mente che il colore non è affatto indice di qualità o di più o meno lungo invecchiamento. Il disciplinare (di tutti i distillati di vino europei, quindi brandy, armagnac e cognac) acconsente l’utilizzo di massimo un 2% di caramello per stabilizzare il colore e donare ulteriore morbidezza al prodotto finito, nonostante non imponga che il suo utilizzo venga dichiarato in etichetta. Le acqueviti più giovani utilizzate nell’assemblaggio del prodotto finale verranno abbassate di gradazione con l’aggiunta di acqua, mentre quelle più vecchie solitamente raggiungeranno la gradazione alcolica ideale di 40°-44° grazie alla naturale evaporazione durante il lungo invecchiamento. Contrariamente ai francesi in Italia non abbiamo l’abitudine di indicare nemmeno con le classiche sigle VS, VSOP o XO l’invecchiamento, ma ci affidiamo a nomi di fantasia come “stravecchio” per indicare la presenza di acqueviti invecchiate almeno 7 anni.
La produzione spagnola di brandy avviene quasi sempre con alambicchi continui, anche se non mancano produttori che preferiscono utilizzare alambicchi discontinui, persino quelli di origine araba chiamati “Alquitara”. Nonostante la zona di produzione principale sia coltivata quasi interamente con uva Palomino, utilizzata nella produzione di sherry, si utilizza in prevalenza la poco conosciuta uva Airen, per disciplinare non utilizzabile per la produzione di vino da consumo. Il mosto che se ne ottiene è decisamente più alcolico rispetto a quello ottenuto per la produzione di cognac e brandy, con aromi fruttati e poco acidi, al contrario di quanto ricercato nella produzione francese. Questa caratteristica è alla base di una delle principali differente aromatiche tra brandy spagnoli e distillati di vino francesi, più grassi e fruttati i primi, più secchi e legnosi i secondi. Altra grande caratteristica della produzione spagnola di brandy è l’utilizzo di criadere per l’invecchiamento (sebbene non manchino brandy invecchiati in singole botti). Le criadere sono pile di botti ( quasi sempre ex sherry), messe in comunicazione tra di loro da cannule. Le acqueviti appena distillate e pronte all’invecchiamento vengono versate nelle botti più in alto, mentre verranno raccolte per l’assemblaggio o l’imbottigliamento in qualsiasi fila, a seconda della necessità. La fila più in basso viene chiamata “solera” e il brandy raccolto da questa fila è quello probabilmente più caratteristico di tutta la produzione spagnola. Il particolare metodo di comunicazione tra le botti delle criadere fa sì che aprendo la fila più in basso, la “solera”, verrà raccolto un assemblato naturale di acqueviti invecchiate svariati anni, arrivando a contenere anche tracce di acqueviti invecchiate decine di anni, a seconda di quanto vecchia sia la criadera. Per disciplinare l’invecchiamento minimo delle acqueviti deve essere di un anno. Quando quindi nella fila di botti più in alto lasceremo le acqueviti almeno un anno parleremo di “metodo solera”; quando nella fila in più alto le acqueviti avranno un invecchiamento medio di almeno tre anni (solitamente mai più di cinque), parleremo di “solera riserva”.
Pisco: nonostante sia tutt’ora in corso una disputa tra i due paesi produttori possiamo dire che Pisco è l’acquavite di vino di Perù e Cile. E’ bene ricordare che esistono sostanziali differenze di produzione tra i due paesi e il Perù ha ottenuto da qualche anno una DOC che potrebbe portare il Cile nel futuro prossimo a dover cambiare nome alla loro acquavite (tant’è che alcuni produttori hanno già iniziato ad etichettarle con nomi differenti).
Il Pisco peruviano è ottenuto dal mosto di 8 vitigni differenti, 4 non aromatici (Quebranta, Negra Criolla, Uvina e Mollar) e 4 aromatici (Moscatel, Torontel, Italia e Albilla) e viene suddiviso in tre categorie: Pisco Puro, quando è il risultato di un unico vitigno (diventando “pisco puro aromatico” o “pisco aromatico” qualora il monotivigno utilizzato fosse un’uva aromatica); Pisco Alcholado, quando si parte dal mosto di più varietà di uva, aromatiche e non; Pisco Verde quando si parte da un mosto non completamente fermentato e ricco ancora di zuccheri. I produttori peruviani sono quasi sempre proprietari anche dei vitigni e il processo di vinificazione avviene in tempi piuttosto brevi per evitare, come nelle produzioni degli altri distillati di vino, lo svilupparsi di anidride solforosa che andrebbe a rovinare con cattivi odori l’acquavite. I piccoli produttori artigianali utilizzano alambicchi discontinui mentre le aziende strutturate per un commercio massiccio negli ultimi anni si sono convertite tutte all’utilizzo di alambicchi continui. L’invecchiamento per disciplinare deve essere di almeno tre mesi e avviene o in acciaio o in vetro poiché è proibito, sempre da disciplinare, l’invecchiamento in legno, per evitare che aromi e profumi derivanti dalla botte vadano a nascondere i naturali profumi della materia prima.
Il Pisco cileno viene prodotto partendo quasi esclusivamente da uve di Moscato, dal Canelli al Frontignan. La classificazione è basata esclusivamente sulla gradazione alcolica e si distingue in: Tradicional a 30° (chiamato talvolta Corriente), Especial a 35°, Reservado a 40° e Gran Pisco per i 45°. I produttori cileni invecchiano in legno per tempi molto variabili a seconda dello stile produttivo dell’azienda e hanno la possibilità di aggiungere eventualmente caramello per colorare il prodotto finale.
Leggi meno