Per Grappa si intende il distillato ottenuto dalle vinacce la cui paternità è esclusivamente italiana. Si tratta quindi di un'acquavite ottenuta da un prodotto di scarto totalmente solido, unica, tra i distillati, per questa peculiarità.
Il termine grappa con molta probabilità fa riferimento alla graspa dalla quale è prodotta, insieme ovviamente alle bucce degli acini. Non manca tuttavia chi sostiene sia stato usato in onore del Monte Grappa o chi lo creda l'italianizzazione della Schnapps austriaca. Di certo sappiamo che è un termine nato nel nord est italiano (tant'è che in piemonte non mancano i prodotti chiamati ancora "branda") e che ebbe il suo uso massiccio solo dopo la seconda guerra mondiale, periodo in cui si iniziò a definirne meglio le caratteristiche produttive. Durante tutto l'800 il termine con cui veniva indicata era "acquavite di vinaccia", termine che compare su molti trattati dell'epoca e di epoche precedenti e che troviamo ancora in uso in epoche moderne a fianco del nome "grappa". Non abbiamo documenti storici ufficiali che ci aiutino a capire quando questo distillato nacque: probabilmente tra il 1700 e i primi del 1800, anche se un documento sabaudo datato 1443, un dazio doganale, parla di una tassa su un'acquavite definita "acquavite da Barbera e Moscato". Non possiamo avere la certezza che fosse dalle vinacce e non dai vini direttamente. Certo è che nel primo caso si andrebbe a retrodatare le origini della grappa di parecchio, rendendola vecchia quasi quanto il whisky.
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La produzione di grappa si divide sostanzialmente in due fasi: la produzione della flemma, un distillato attorno ai 25°-30° contenente ancora molte impurità, e la distillazione della flemma per ottenere l'acquavite finale. In passato la produzione della flemma avveniva in due modi differenti a seconda della tipologia di alambicco a disposizione. Poiché si parte da una materia prima solida per l'estrazione dell'alcool è necessario lavorare con l'acqua. Il primo metodo quindi consisteva nello scaldare delicatamente a bagnomaria le vinacce lasciando che la parte alcolica evaporasse lentamente a causa del riscaldamento delicato. Quando l'alambicco non era previsto della possibilità di fare un bagnomaria delle vinacce si aggiungeva acqua nelle vinacce affinché queste, a contatto diretto con il metallo scaldato a fiamma, non bruciassero. L'alcool veniva così condotto dal vapore acqueo durante la prima fase di lavorazione. Solamente a fine '800 Comboni progettò alambicchi specifici in grado di operare a pressione. Questi alambicchi divennero sempre più utilizzati diventando infine lo standard produttivo delle flemme. La distillazione con alambicchi Comboni avviene quindi sotto pressione, una pressione molto leggera e delicata, massimo mezza atmosfera, per mantenere inalterata la materia prima. La fase successiva della distillazione delle flemme avviene quasi sempre con alambicchi continui a colonna. Le zone produttive più importanti restano le regioni del Nord Italia: Friuli, Veneto, Trentino, Lombardia e Piemonte, con la Sardegna e la sua storia legata al Filu Ferru, nome che ci ricorda le produzioni clandestine atte a non pagare le tasse sull'alcool e il metodo di interrare le bottiglie per nasconderle ma legando loro un fil di ferro al collo che uscisse quel tanto che bastava dal terreno per ritrovarle all'occorrenza.
In tempi recenti, con la riscoperta della grappa, il prodotto ha trovato nuova vita e una produzione sempre più raffinata alla quale si sono affiancate produzioni invecchiate in legno che storicamente non erano contemplate ma che oggi vengono molto apprezzate da chi cerca prodotti con sapori più morbidi.
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